C’è da stare accodati in piedi almeno due ore – ce ne vorranno tre – al freddo, digiuno, mimetizzando i miei cinquant’anni tra i brufoli delle aspiranti popstar. Tutto per presentarsi alla corte di Gabriele Ansaloni da Bologna, noto al mondo come Red Ronnie.
Ieri ho passato, oggi l’idea di cantare “Vi lascio l’Italia” al cospetto del più longevo degli influencer musicali, colui che dalla cameretta mi può issare sul palco del Palafiori, beh, mi alletta – eccheccazzo, sono a Sanremo per questo, sbalordire il music business con mio genio!
Sicché mi inserisco nel serpentone di talenti, le cui spire ondeggiano fino alla roulotte di Red dove un paio di graziose assistenti prendono nomi e liberatorie (le esibizioni vanno in diretta streaming sulla pagina di Roxy bar, ci vuole il prezioso previo permesso degli artisti).
Qualche metro avanti a me cazzeggiano cinque ex ragazzi di Roma saliti in Liguria a miracol mostrare: sono una band, di quelle da sagra della porchetta, da matrimoni in trattoria, da posto in banca ché la musica è bella ma di qualcosa bisogna campare. Ci credono però e si stanno caricando a molla, hanno scollinato i quaranta e lo sanno che l’audizione con Red é l’ultima chiamata. In pochi minuti familiarizziamo, giusto per sgranare insieme il rosario della fila.
A distrarci dall’umidità della riviera contribuiscono le sporadiche apparizioni di vipponi e vippetti in cerca di sguardi adoranti – qualcuno fa visita a Red dilatando i tempi d’attesa di noi comuni provinanti. Con un guizzo intercetto Edoardo Leo, non solo, gli rubo una foto grazie alla blandizie di essere suo fan dai tempi di “Noi e la Giulia”. Quando gli piazzo in mano il mio cd da mostrare al cosmo, l’espressione dell’attore abbrutisce dal compiaciuto all’insofferente all’incazzato; tant’è, faccio in tempo a scattare prima che scagli il cd a terra e mi riempia di insulti (insieme a Lavezzi, Mussida, Delogu e Cervelli, ora c’è anche lui nella galleria di celebrità che amano l’Alieno).
Incamerato il selfie con Leo, potrei anche salutare l’esercito di sognatori in coda, le ginocchia guaiscono, lo stomaco latra; ma adesso è più la gente alle spalle di quella davanti, a breve toccherà al sognatore per eccellenza: dunque resto nei ranghi, resisto alle armonizzazioni sghembe della band romana intenta a provare e riprovare il proprio capolavoro, scandaglio i paraggi a caccia di altri volti famosi.
Come si avvicina la roulotte, sale l’ansietta. Funziona così: in vista di un’esibizione faccio lo splendido, l’incurante, quello che se ne impipa della tensione – e che sarà mai cantare un pezzo cantato mille volte in precedenza? Mi mancano forse l’esperienza, la sfrontatezza, la bravura? Per dire, ora sono talmente rilassato che addirittura incoraggio i fanciulli intorno, paralizzati dall’angoscia di stonare, dimenticare le parole, ammutolirsi di botto, una sorta di zio saggio e rassicurante che passava di lì e si è messo in coda al solo scopo di divertirsi e aggiungere la voce “Red Ronnie” al curriculum.
Anche oggi però, come sempre, alle soglie della performance mi irrigidisco, il viso perde la spensieratezza di un attimo prima, mi sudano le mani. E anche oggi, come sempre, anziché vincere l’improvviso stress compattandomi, stimolandomi, automotivandomi – sono il migliore, spacco tutto, Mengoni lèvati – insomma, anziché concentrarmi, sovraproduco indifferenza al limite del menefreghismo, uno smaccato meccanismo di tutela dal fallimento (se l’interpretazione avrà fatto schifo sarà stato perché non me ne importava una mazza, altrimenti certo che lo stendevo, Red Ronnie!).
Diretta conseguenza di tanta velleitarietà è il piglio da guascone che, giunto il mio turno, assumo nei confronti delle due graziose assistenti: spargo simpatia artefatta a piene mani, con una quasi ci provo, proprio tipo che fai quando stacchi da qui, birretta? Tutto per sgravarmi dall’incombente responsabilità di rappresentare me stesso attraverso le mie canzoni, perché in fondo è questo ciò che faccio scrivendo, delego alla penna la fatica di raccontarmi.
Le assistenti mi ignorano, nel senso che raccolgono i miei dati con gli stessi gelidi automatismi sfoggiati prima del mio avvento nelle loro vite: nome/cognome/firma per la privacy/firma per il consenso a mandarmi in onda/appena quello che ti precede esce entri tu. Poco dopo chi mi precede esce e, allo scoccare della terza ora di coda, nella roulotte rossa di Red Ronnie entro io.
Controllo il look: il pastrano a doppiopetto da bohémien fa parecchio giovane cantautore, laddove il maglioncino a V tradisce l’estrazione borghese, cosi come le scarpe comode e i jeansetti tortora, ancorché strappati. È il mio consueto cortocircuito d’immagine, un po’ artista un po’ ex studente un po’ avvocato mancato un po’ clochard, cortocircuito indossato con nonchalance in tutte le incursioni live e le interviste sanremesi. Non mi piaccio, però magari Red apprezza l’eterogenea semplicità dello stile, finalmente uno normale, senza bigodini o ferramenta addosso (potrei descrivere nel dettaglio l’abbigliamento farneticante della maggiorparte dei candidati alla gloria, ma faremmo notte).
Red troneggia in fondo alla roulotte, sta monitorando su uno schermo l’andamento della diretta, le visualizzazioni, i like, i commenti, soprattutto i commenti, che legge ad alta voce. Si accorge di me quando mi ci siedo accanto, dunque, Andrea dal Lago Maggiore, ma dai, hai un bed&breakfast, fantastico, giusto avere un piano B, mica ce la fanno tutti con la musica.
Ogni sua sillaba è accarezzata dall’accento bolognese, il che rende la conversazione allegra e l’ansia meno invalidante, al punto che mi scappa pure un “soccmel” che gli strappa un mezzo sorriso tra la riprovazione e il divertimento. Quasi quasi continuo a narrargli la mia vita così consumo il tempo a disposizione e mi evito di cantare.
Purtroppo Red ha fretta di ascoltarmi, è tempo di calare la coppietta d’assi che ho in mano. Innanzitutto il cd, l’Alieno, la mia creatura costata sangue, sudore, lacrime e molti soldi. Red lo prende, lo gira, lo squadra: gli piace. Di solito non apprezza chi non si mette in copertina, soprattutto se agli esordi, la gente deve sapere chi sei, che faccia hai, a partire dall’immagine sul disco. Però il disegno lo convince, è bello, lo ripete un paio di volte. Lo so che è bello, il mio Narciso che si specchia nello stagno e si vede mostro, ho speso ore a configurarlo con Tiziana, l’illustratrice; ma sentirlo ribadire da Red Ronnie è piuttosto gratificante.
Evidentemente incuriosito, Red scarta e apre il cd: gli piacciono anche i disegni interni, ma che brava questa Tiziana! Sta andando molto meglio, ma di gran lunga meglio di quanto sperassi, mi sta perfino venendo voglia di suonare. Detto fatto, cosa gli faccio sentire?
Ho trascorso l’ultima ora a riflettere sull’opportunità di eseguire “Vi lascio l’Italia”, e se Red non gradisce la denuncia sociale, il turpiloquio, il disprezzo neanche troppo velato verso i miei connazionali? Se mi gioco l’importante ribalta sbagliando dissennatamente il pezzo? È che mancano le alternative, l’Alieno è album tosto, complicato, per certi versi indigesto: non c’è la canzone romantica classica, il brano bucolico, la cartolina rasserenante… allora tanto vale rischiarsela tutta, chi l’ha sentita dice che “Italia” funziona, secondo il mio amico Antonio addirittura spacca.
Al mio citare il titolo Red non fa una piega, mi ricorda solo che porto i guanti, forse è preferibile toglierli per suonare la chitarra – disperso l’intero credito guadagnato con le illustrazioni dell’Alieno.
Attacco l’intro, LAminore/DO/FA/LAnona, poi sguaino la voce, esce bene, chiara, decisa, profonda; gia ché manca di ritornello e di una “trama”, taglio un paio di strofe per condensare i quattro minuti e sedici del pezzo in qualcosa di più fruibile (in realtà la vorrei fare tutta, poi fare anche la traccia successiva e quella dopo ancora, la tensione si è sciolta e l’ipotesi di un live dalla roulotte di Red Ronnie in Sanremo mi elettrizza).
Sennonché il concerto dura sì e no tre minuti, cui segue la recensione immediata di Red, un po’ sua un po’ filtrata dai commenti online: bravo sono bravo, si vede che suono da tanto, si apprezzano la densità della scrittura e l’intensità espressiva.
Però.
Però il testo è duro, non sono tanto le parolacce, quelle ci stanno e non scandalizzano più nessuno, quanto l’atmosfera, cupa, cinica, desolata: la gente vuole sorridere, sognare, vuole il sole, il mare, l’amore, è lontano il periodo dei cantautori riversi sulla chitarra a masturbarsi di contorsioni mentali, tristi, così irreversibilmente tristi.
Ho l’impressione che non gli sia piaciuta granché, cazzo, se facevo “Io e te”, che in modo poco ortodosso però parla di una coppia innamorata, oppure “Battiti”, un inno alla speranza, o “Lo specchio di Marta”, sull’anoressia, tema accattivante e politicamente corretto; se solo cambiavo pezzo ora firmavo autografi sul red carpet dell’Ariston, mannaggia a me mannaggia (e all’amico Antonio)!
A suffragare la propria opinione Red menziona alcuni commenti digitali sulla sua stessa linea valutativa, niente, “Vi lascio l’Italia” non ha spaccato, è ufficiale. Potrei dirgli che il buonismo nelle canzoni ha rotto i maroni, che va bene la leggerezza purché non degeneri in vacuità, che a furia di non sottoporre ai giovani pensieri complessi li stiamo lobotomizzando. Invece accondiscendo, accetto passivo le sue critiche, pronto a gonfiare di insulsa melassa le prossime canzoni: grazie per i consigli Red, grazie davvero! – chissà, l’avessi contestato, con garbo ma fermezza, sfruttando la favella che non mi manca, magari il web sarebbe esploso di giubilo: cantante sconosciuto tiene testa al maestro Red Ronnie; magari il mio spazio Spotify sarebbe stato invaso dai curiosi, sentiamo un po’ le canzoni di quello che ha rimbeccato Red Ronnie; magari, chissà…
Mentre lascio il posto all’ennesimo fuoriclasse incompreso della musica italiana, mi chiedo se in fondo Red non abbia ragione, tutta questa negatività, seppur intrisa di acuta introspezione socio-antropologica, forse mi penalizza, mi condanna all’anonimato.
Trascino dubbi e malumore fino alla sera, fino a quando le graziose assistenti pubblicano i video delle audizioni su roxybar.tv. Scorro il file e mi trovo, chitarra, guanti, cappottino, Red Ronnie con l’Alieno in mano, c’è tutto. Parte “Vi lascio l’Italia” e in sovraimpressione compaiono pure i commenti, molti dei quali lusinghieri, riguardo la voce, il testo, l’ambiente sonoro. Pochi gli appunti, sì, sulla “pesantezza” del pezzo certo, ma pochi.
Allora perché Red ha estrapolato soltanto quelli durante la diretta? Aveva una tesi e voleva dimostrarla col più strumentale dei “vox populi vox dei”? O semplicemente gli stavo sulle palle per quel soccmel sovversivo? Mi sa che un giorno prendo lo scooter e mi faccio un giro a Bologna, così glielo chiedo, il motivo che l’ha indotto a uccidere sul nascere la sfavillante carriera di un arzillo cinquantenne, degno erede di Tenco, De Gregori, Fossati e Max Pezzali.
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